(KIKA) - CANNES - Arriva sulla Croisette della 70esima edizione del Festival di Cannes una delle firme più celebri, e titolate, del mondo hollywoodiano: Alejandro Gonzales Inarritu.
Non un film ma un'installazione, il progetto del regista messicano è realizzato con la realtà virtuale e porta lo spettatore nella frontiera tra Stati Uniti e Messico. Il corto dura sei minuti e mezzo ed è stato pensato in origine per la Fondazione Prada di Milano, sarà possibile apprezzarlo dal 7 giugno al 15 gennaio, ma Thierry Fremaux l'ha voluto anche al Festival di Cannes.
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“L'idea di questo viaggio è nata quattro anni fa, ma solo dopo Revenant l'ho proposta alla società con cui avevo lavorato. Ho imparato un linguaggio nuovo: quello del cinema è inutile, nella realtà virtuale: non esiste l'inquadratura, il montaggio. Come uno scrittore che non ha aggettivi e verbi devi creare una nuova narrativa”, le parole di Inarritu a Repubblica.it.
Il tema è quello dell’immigrazione, già affrontato in passato con Babel e Biutiful: “Volevo far sentire la loro paura, la sabbia che ti entra negli occhi, nel poco cibo che ti porti dietro. L'idea è far vivere un'esperienza sensoriale, trovare una connessione con la loro realtà. E poi c'è la mia personale interpretazione: il momento in cui sul tavolo dei tre migranti c'è una piccola nave bianca piena di corpi che si sfarinano e svaniscono in mare, beh, quello è il mio omaggio ai migranti che ho incontrato al Centro per rifugiati di Catania. I siriani, gli iracheni, le donne eritree stuprate, la principessa resa schiava sessuale. Le loro storie erano molto simili a quelle del mio Messico. Il vostro mare è il nostro deserto: alcuni si dissolvono nella sabbia, altri in acqua. Entrambi sono invisibili ai nostri occhi”.
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