Cultura
sabato, 30 Agosto 2014

Premio Cortina 2014: vince Il sale rosa dell’Himalaya

di Massimo Rosi
A Camilla Baresani il primo posto. Sempre più green e rosa
CORTINA - Il Premio Cortina d'Ampezzo in rosa per la quarta volta. È Camilla Baresani la vincitrice dell'edizione 2014, con il suo romanzo "Il sale rosa dell'Himalaya" (Bompiani). Vincono invece il Premio della Montagna Vito Mancuso e Nives Meroi con "Sinai" (Fabbri).

A designarli sono state due giurie di eccellenza: quella del Premio della Montagna, presieduta dallo scrittore e giornalista Arrigo Petacco, con Almerina Buzzati, Gianfrancesco Demenego, Giovanna Martinolli, Giuliano Pisani, Ennio Rossignoli, la Famiglia Sovilla, Clelia Tabacchi Sabella, Marina Valensise, Marino Zorzato.

Quella del Premio Cortina, guidata da Gian Arturo Ferrari, Presidente del Centro per il Libro, con Walter Mariotti, Giacomo Marramao, Paolo Mieli, Gennaro Sangiuliano, Alberto Sinigaglia, Dino Tabacchi, Giuseppe Zaccaria e Francesco Zonin.

La consegna del riconoscimento letterario, presieduto da Vera Slepoj e organizzato con Francesco Chiamulera, è avvenuta al Cinema Eden della Regina delle Dolomiti. È seguita una cena di gala a inviti al prestigioso l'Hotel de la Poste. Nella tarda mattinata di sabato 30 agosto, autori, giurati e amici, come nella tradizione de "L’Albero delle Parole", hanno fatto una camminata fino alle pendici delle magiche Cinque Torri di Cortina, sul territorio delle Regole d’Ampezzo. Qui sono stati piantati due esemplari di pino cembro in onore dei libri vincitori del Premio Cortina d’Ampezzo, con una targa che ricorda titolo e autore dell’opera. Il pino cembro, albero secolare, è un simbolo della Natura cortinese e al tempo stesso della persistenza della memoria.

Nella motivazione con cui la giuria del Premio Cortina ha premiato "Il sale rosa Himalaya" di Camilla Baresani si legge: "Il romanzo della Baresani nasconde dietro un tono agile e sorvolante, dietro l'ideale precetto di non dare troppo peso a nulla, una consapevolezza amara. Quella di essere prigionieri non già di delinquenti come quelli che tengono Giada, ma di un mondo intimamente falso e bugiardo. Tanto che il gesto finale di Giada, in sé stupefacente, si comprende proprio come unica via di fuga dalla prigione costituita da quel mondo. Molto peggiore in realtà della concreta e miserabile prigione in cui Giada è stata così a lungo tenuta".