(KIKA) - HOLLYWOOD - “La maggior parte dei miei film sono una riflessione su cosa mi è accaduto in vita - rivela Steven Spielberg dopo aver concluso l’opera autobiografica The Fabelmans - Anche quando a scrivere la sceneggiatura è qualcun altro, c’è sempre qualcosa di me che deborda nei film, che mi piaccia o no”.
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Nonostante questo parliamo del film più personale e intimo del regista di capolavori come Shindler’s List, E.T. l’extraterrestre e Incontri ravvicinati del terzo tipo. “Con The Fabelmans non si è trattato più di metafora. Era memoria”, dice.
The Fabelmans, già favorito nella corsa agli Oscar, vede Michelle Williams interpretare la versione cinematografica di sua madre e Paul Dano quella di suo padre. Il figlio, nome cambiato in Sammy, è interpretato dal giovane Gabriel LaBelle. “E’ la mia prima storia di formazione - continua il regista – ed è il racconto al cinema della lezione più importante che i miei genitori mi abbiano mai insegnato. Ossia che arriva un giorno in cui tutti noi smettiamo di vedere i nostri genitori come papà e mamma e iniziamo a vederli come esseri umani, come persone reali. A me è successo durante gli eventi raccontanti nel film, che sono accaduti fra i miei sette e i diciott’anni”.
Attenzione però. The Fabelmans non è un film autoreferenziale: “Non volevo una storia che fosse uno specchio delle vanità. Volevo piuttosto che fosse uno specchio comune nel quale molte famiglie avrebbero potuto vedersi riflesse. E’ un film su figli e genitori, sui fratelli, sul bullismo e su tutto quello che succede a ragazzi che bene o male hanno una famiglia capace di essere unita, anche quando non è più così unita”.