Venezia
Venezia - lunedì, 4 Settembre 2017
Venezia 74, Micaela Ramazzotti: “Non mi piacciono le eroine”
L’attrice è protagonista di Una famiglia, dramma ispirato a fatti realmente accaduti.
Matilda De Angelis, Sebastiano Riso, Patrick Bruel, Micaela Ramazzotti - Venezia - 04-09-2017 - Venezia 74, Micaela Ramazzotti: “Non mi piacciono le eroine”

(KIKA) – VENEZIA – “Non mi piacciono le eroine”: Micaela Ramazzotti spiega così la decisione di interpretare madri disperate, come l’ultima, Maria, protagonista di Una Famiglia presentato oggi al Festival del cinema di Venezia, bloccata in un rapporto malato e in un progetto criminale: è manipolata psicologicamente, ma è anche complice di Vincenzo, che vende i loro figli alle coppie benestanti che non possono averne.
 
Più sono disgraziate e più le voglio fare, ho voglia di difenderle - un altro personaggio sui generis era stato quello interpretato in La Pazza Gioia - È come se il cinema mi desse l’opportunità di difendere chi da solo non ci riesce. È vero che le faccio sempre più disperate ma questa la volevo fare a tutti i costi. È una madre bambina, madre a malapena di se stessa. Va in giro con questo giubbino di lana cotta e si abbraccia per farsi forza, proteggersi, tenere in grembo quel bambino che mai avuto e mai avrà”.
 
E poi ancora: “Maria è schiava di un progetto che non ha deciso e che comunque ha accettato ma allo stesso tempo lei sta meditando un progetto di ribellione, emancipazione verso il mondo. Ci sarà una presa di coscienza, una fioritura una rinascita. Non mi piacciono le eroine”.

Il film, come ha spiegato il regista Sebastiano Riso, nasce da alcune intercettazioni telefoniche fornite da un procuratore della Repubblica, “fonte indispensabile per poterci documentare su dove e come avviene questo traffico di bambini”. La realtà stata quindi un punto di partenza sul quale gli autori hanno costruito l’intera storia: “I personaggi sarebbero risultati molto freddi – ha aggiunto il regista - a noi interessava raccontare una storia, quella di cuna coppia legata da una serie di dipendenze che nel corso del film si separerà”.
 
Sebbene le vicende narrate portino subito a pensare a un tema molto attuale, ovvero quello della maternità surrogata e delle adozioni omosessuali, il regista ha precisato: “Abbiamo cercato di raccontare il nostro tempo, e quanto sia difficile oggi in Italia essere genitori. Adottare è complicatissimo, non puoi farlo se sei single, non sei idoneo o se sei omosessuale, se sei sposato ma non hai una serie di parametri. L’attesa è lunga e snervante. E questo crea una richiesta, un mercato, prezzi che variano a seconda della necessità dell’età dell’etnia del neonato”.
 
Lo scenario è agghiacciante e il racconto non è da meno, con l’obiettivo di accendere una grossa luce su un tema molto delicato nel timore che la realtà, anche questa volta, superi la fantasia.

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