Interviste
 
L'attore è ora al cinema con il quinto film del franchise "Die Hard"
Da 25 anni Bruce Willis è un duro a morire. A good day to die hard, il quinto film di un franchise che dura da 25 anni è ora nelle sale Bruce Willis continua ad andarne molto fiero.

"Li ricordo tutti, uno per uno. Il primo, certo, perché era il primo, e il secondo per tutto il freddo che ho preso. Dovevamo girare una scena in cui correvo su una pista d’atterraggio innevata, solo che quell’anno non c’era neve da nessuna parte, così siamo andati sempre più a nord in cerca della neve e quando l’abbiamo trovata era così freddo che credevo di morire e io indossavo tutto il tempo una t-shirt."

Non si sarà mica lamentato? Lei è un duro.

No, certo. Vietato lamentarsi. E’ una gara, quella di non lamentarsi, fra noi uomini. Sul set ci prendiamo a botte o moriamo di freddo, ma il primo che si lamenta perde.

Lei, Arnold Schwarzenegger, Sylvester Stallone. Tutti di nuovo prepotentemente sulla cresta dell’onda al cinema, ad una certa età e con ruoli da macho. Come se lo spiega? Non ci sono più i duri di una volta?


Ci sono, Jason Statham ad esempio, o Daniel Craig, ma ci vuole un po’ a diventare un’icona come Arnold Schwarzenegger, voglio dire, era il governatore della California.

Ma lei ci ha mai pensato ad entrare in politica?

“Sì, ci ho pensato, e nello stesso istante in cui ci ho pensato mi sono detto che non sarebbe mai potuta diventare un’opzione possibile. Da ragazzo ho fatto troppe cose che mi terranno per sempre fuori dalla politica”.

Rispetto a 25 anni fa, si sente diverso? Che il fisico regga si vede ma tutte quelle botte, alla sua età…

L’unica differenza che ho notato è che ci metto un po’ di più a rialzarmi dopo essere caduto. Magari è solo perché sono caduto peggio di altre volte, io non mi sento di invecchiare, sono sicuro che arriverà il momento in cui mi sentirò di essere diventato vecchio, ma ora non è così e non ci penso.

Forse perchè è diventato padre da poco? (Lo scorso 1° aprile è nata Mabel Ray, avuta dalla sua seconda moglie Emma Heming-Willis, mentre ha tre figlie, Tallulah, Scout e Rumer avute dal matrimonio con Demi Moore, n.d.r). Diverso che in passato?

Sono più presente, sento più la responsabilità.In questo quinto film John McLaine fa coppia con il figlio Jack (Jay Courtney) ed è un padre piuttosto protettivo. Lei?

Sono iperprotettivo. Esistono genitori che non lo sono?
Se avesse un figlio maschio, come nel film, sarebbe diverso?

Credo che non cambierebbe il mio modo di essere padre. Certo forse lui, a un certo punto, crescendo, mi direbbe: “Papà, ora basta, non ho più bisogno del tuo aiuto”. Con una ragazza è diverso, al massimo ti dice: “Eddai, papà!”.Le grandi, e la piccola?

Con la piccola sono tornato a fare le cose più stupide possibili. Adoro farla ridere, adoro fare ridere le mie figlie.

Si parla tanto in questi giorni della violenza nei film.

La gente sa esattamente la differenza fra un film e la vita reale. Nessuno è mai entrato in un cinema pensando che qualcuno uccidesse davvero gli attori. Alla fine della giornata ci laviamo via il sangue finto e torniamo il giorno dopo a farci uccidere di nuovo. Non sono i film che fanno i crimini, sono i pazzi che li fanno.

Cosa pensa della legislazione per il controllo del possesso di armi negli Stati Uniti?

Credo che più che controllare le armi dovremmo, controllare i pazzi che sono in giro. Io dico che modificare quella parte della costituzione americana, come ogni altra sua parte, possa essere dannoso. Se si smonta un pezzo, allora perché mantenere il resto? Il rischio è di smontare l’intera carta dei diritti.

Dopo Die Hard tornerà al cinema con G.I. Joe 2 e Red 2.

Sì, è un momento intenso. Red è uno di quei film la cui idea circolava da anni a Hollywood e quando alla fine si è fatta è stato un successo, G.I. Joe mi piace perché interpreto un soldato, mi piacciono i soldati. Ho fatto anche domanda, una volta, per diventare uno di loro, ma era troppo tardi, mi hanno detto che ormai ero vecchio…eppure io non mi sento vecchio”.
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