Interviste
 
L'attore intervistato per l'uscita italiana di Django Unchained

Non voglio continuare a vedere quello che succede nel nostro paese”. Così Leonardo Di Caprio risponde alla domanda sulla necessità o meno di regolamentare l’uso delle armi negli Stati Uniti.
Lo spunto arriva dall’intervista in occasione dell’uscita di Django Unchained, il film di Quentin Tarantino che lo vede protagonista nei panni del perfido Calvin Candie, sadico proprietario di una piantagione di cotone nell’America del Sud, ai tempi dello schiavismo. Il film ha debuttato in Italia, fresco di 5 nomination agli Oscar (fra cui miglior film, migliore sceneggiatura, allo stesso Tarantino e migliore attore non protagonista, Christoph Waltz) e due Golden Globe vinti (a Tarantino per lo script e a Waltz) e Di Caprio, per la prima volta, parla del film e delle sue implicazioni sociali nel corso di un incontro esclusivo, al Four Season di Beverly Hills.
Quando entriamo nella suite per l’intervista, DiCaprio è sulla terrazza con vista spettacolare su Los Angeles a fumare e a scrivere un messaggio al telefonino. Non si accorge della nostra presenza finché il suo agente non lo chiama: “L” usando solo la prima lettera del suo nome. Allora si gira e ci raggiunge. Bello come sempre, è vestito casual con un maglioncino e un paio di jeans, e per una volta non indossa uno dei suoi amati berretti da baseball con cui cerca sempre di nascondere il suo volto dagli obiettivi dei fotografi.
Dopo esserci presentati, si dirige verso il bar e si prepara una coca-cola con tanto ghiaccio. Offre da bere. Finalmente viene a sedersi sul divano per cominciare l’intervista.

La sua agente mi avverte subito: Leonardo Di Caprio parlerà solo del film. La gelosia dell’attore per la sua privacy è nota. Impossibile sapere da lui qualcosa che riguardi la sua vita personale.
Una cosa però, che riguarda, se non la sua vita, quanto meno la sua personalità e il suo modo di sentire ce la dice: fare il razzista davanti alla cinepresa è stato come fare violenza su sé stesso: “Nigger. Quella parola era un pugno nello stomaco per me. Rivolgermi agli attori di colore in un modo così offensivo era un incubo. All’inizio delle riprese, ho espresso chiaramente a Sam Jackson e Jamie Foxx [rispettivamente il fedele schiavo di Candie, Stephen, e Django, il protagonista della storia ndr], la mia difficoltà a dovermi relazionare a loro in quel modo, ma sin da subito loro mi hanno detto che se non avessi reso questo personaggio orribile, se non lo avessi spinto fino all’estremo, il pubblico avrebbe pensato che stavamo cercando di nascondere l’atrocità della vicenda e che non era nostra intenzione raccontare la verità. E’ questo che mi ha dato la libertà di rendere il personaggio quello che è”.
Che il film di Tarantino sia violento non è una novità e molto parlare si è fatto negli ultimi tempi sulla necessità di porre un freno non solo alla proliferazione delle armi in mano ai privati, ma anche sull’opportunità di fare passare certe immagini in tv o al cinema: “Dobbiamo cambiare mentalità, non mi piace prendere posizioni su questo tema, ma il punto è: sostenere che un film sia il riflesso della società e delle singole azioni delle persone è semplicemente una mossa politica. Ovviamente sono contrario alla violenza ma non mi interessa usare l’intrattenimento per mettermi a pontificare. Alla fine sta al regista, e alle persone coinvolte nel film, fare capire che stiamo ricreando un mondo e che si tratta di spettacolo”.

Leonardo Di Caprio è uno dei divi di Hollywood più sottovalutati. Non ha ancora ottenuto un Oscar, nonostante prove d’attore come Titanic e Gangs of New York, Prova a prendermi e The Aviator ed anche questa volta ha dovuto rimandare a data da destinarsi il suo appuntamento con la statuetta più importante, i membri dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences l’hanno di nuovo snobbato ma lui non se ne fa un cruccio. “Sono altre le cose che ritengo davvero importanti”.
Come l’ambiente, ad esempio, causa che l’attore ha sposato da anni ormai e che lo porta a twittare quotidianamente notizie sull’effetto serra e i cambiamenti climatici (https://twitter.com/LeoDiCaprio):
“Il problema è che mettiamo sempre il denaro al primo posto, prima dell’ambiente, prima degli uomini. Il razzismo ad esempio, le radici nel nostro paese sono state impiantate per ragioni economiche. L’idea di considerare un nero come un essere non umano è nata nel momento in cui si è deciso di trasformare il Sud del paese in una potenza economica, e l’audacia di arrivare a trattare delle persone in quel modo è davvero la parte più brutta di questo paese.

Per questo credo che con questo film abbiamo fatto qualcosa di importante, oltre che unico e diverso dal resto dei film su questo argomento”. Per Di Caprio Tarantino ha il merito di aver dipinto, per la priva volta, attraverso il mezzo di uno spaghetti western, un quadro accurato di quel periodo: “E’ accurato al 100%, e nella realtà fu anche peggio. Quando ho cominciato a studiare per il ruolo e ho letto dei proprietari di schiavi e di quello che succedeva nelle piantagioni, e ho visto certe immagini, è stato raccapricciante. E’ un film che tratta la parte peggiore della storia americana. …Penso che solo un artista audace e unico come Tarantino potesse correre il rischio di fare un western alla Sergio Leone con uno schiavo afro-americano per protagonista che decide di infliggere la sua vendetta personale contro il Sud schiavista per l’amore di una donna, il tutto unito alla chiave umoristica… Lo trovo un film rivoluzionario”.
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