Interviste
 
“Ho consegnato giornali, pulito piscine e vasche per i pesci"
(KIKA) - LOS ANGELES - "Ho avuto una vita molto fortunata e molto piena, ho diretto in televisione e al cinema, ho recitato a Broadway, ho fatto tutto quello che potevo fare e adesso dico BASTA!”.

Parlava così, pochi mesi fa, Leonard Nimoy, l’uomo che ha dato il volto a uno dei personaggi entrati nel mito della fantascienza, il capitano Spock di Star Trek. È morto all’età di 83 anni nella sua villa di Bel Air, la stessa in cui ci aveva accolti per parlare del suo progetto fotografico "Maximum Beauty”. Dopo aver lasciato il cinema e la tv, infatti, il capitano Spock aveva continuato a realizzare il suo sogno, “dare spunti di discussione, creare dibattito, perché è questo che l’arte deve fare”. Questa volta lo aveva fatto attraverso la fotografia di donne nude e in sovrappeso.

Ecco il racconto di quel pomeriggio trascorso insieme.



È  Susan, la moglie di Nivoy, la seconda, ci spiegherà, "la donna più importante nella sua vita". Ha modi gentili e mi fa accomodare in uno dei due saloni che fanno da ingresso.

La casa, immersa nel verde, sovrastata e rifrescata da alberi imponenti è arredata con gusto, nessun oggetto pacchiano, quadri d’autore, tante fotografie, divani color crema, poltrone, arazzi. Bello, confortevole, caldo. Poco hollywoodiano. C'è un treno. Elettrico. Ma non per terra, reliquia di una visita di qualche nipotino. Sta in alto. La pista, i binari, corrono parallelamente e seguono il perimetro della stanza a circa due metri di altezza. Mi riprometto di fargli una domanda al riguardo ma, appena scende le scale, rompo il ghiaccio come non avrei voluto: "Che piacere conoscerla, però mi aspettavo di trovarla con le orecchie a punta, anzi, a dire il vero sono un pò deluso". Ecco, mi maledico... adesso mi caccia oppure ride. Lui però  ride, e ride di gusto, una bella risata che mi farà sentire più volte. Ghiaccio rotto, non mi caccerà.

"Non mi dispiace essere associato a Star Treck, anzi. Ne sono sempre andato fiero".

Le manca la televisione e le manca recitare?

"Affatto. No, non mi manca per niente. Ho avuto tutto quello che volevo, anzi, di più di quello che abbia mai sognato.Sono arrivato a Los Angeles a 18 anni, ovvero 57 anni fa, ma avevo già iniziato a recitare sin da quando ne avevo otto. Non ho mai sognato di fare soldi, di diventare ricco e famoso. Volevo solo pagare i conti e essere in grado di mantenere la mia famiglia. E poi non mi consideravo un attore protagonista, ma una spalla. Ho avuto una vita molto fortunata e molto piena, ho diretto in televisione e al cinema, ho recitato a Broadway, ho fatto tutto quello che potevo fare e adesso  dico BASTA!" e lo dice in italiano.

Le è rimasto un sogno? O li ha realizzati tutti?
"Spero solo di continuare ad avere idee che possano provocare reazioni. Che è poi la stessa ragione per cui ho deciso di diventare un attore e per cui non mi dispiace essere associato a Star Trek. Quello era uno show che generava domande e trattava di temi come il razzismo, la geopolitica, le relazioni internazionali, le guerre culturali, l'ambiente. Mi ha sempre eccitato questo aspetto della professione e dello showbiz."

Ma non era più ispirato quando era povero? Si dice sempre così.
"Di povertà ne ho avuto abbastanza durante i primi sedici anni a Los Angeles. Ero già sposato con due figli e non riuscivo a mantenermi solo con il lavoro d’attore. Ho fatto anche il tassista in questa zona, proprio a Bel Air. Ho consegnato giornali, pulito piscine e vasche per i pesci. Facevo tutto ciò che potevo fare per mantenere dignitosamente la mia famiglia. Solo con Star Trek è arrivata la tranquillità economica e ora finalmente me la godo”.
Si alza, ma prima di andare mi ricordo del trenino e gli chiedo cosa rappresenta e lui questa volta sorride teneramente con dolcezza, si avvicina al locomotore e lo accende e mentre il trenino fa il suo giretto sui binari, gialli, lui mi racconta:

"Da ragazzo sono cresciuto a Boston, in un piccolo appartamento. Ci vivevamo in sei, i miei nonni, i miei genitori, mio fratello e io. Ricordo che un Natale chiesi a miei il dono di un trenino. Era il mio sogno, ma loro mi dissero che non c'era abbastanza spazio. In verità non c'erano abbastanza soldi. Ho raccontato la storia a mia moglie e dieci anni fa, per il mio compleanno, mi ha fatto trovare questa sorpresa. Mi ha commosso".



Sono praticamente fuori dalla porta, ci stiamo stringendo la mano e lo guardo un'ultima volta bene in volto e, di nuovo, non resisto: "Peccato per le orecchie a punta però...davvero non le ha?". Si ferma un attimo e poi mi trascina di nuovo dentro la casa e mi guida fino a una stanzetta buia. Adesso mi pesta, mi dico.



E invece accende la luce, apre un cassetto ed eccole: le due estensioni a punta, le ultime due utilizzate dal capitano Spock in carriera. Sono in una scatola di plastica e me le fa toccare, fanno un pò impressione. Però sono mitiche. Le ho ancora in mano quando mi fa fare il giro della sua personalissima memorabilia. Ci sono targhe, premi, riconoscimenti, ma anche fotografie in bianco e nero: "Quello sono io, da giovane, in Germania, su un set con Ingrid Bergman, quelli invece sono i miei nipoti, questi i miei figli, questa la mia prima moglie.  Questa invece è la foto del cast di Star Treck, eravamo tutti amici e con alcuni ci si sente e ci si vede ancora. Qui invece sono io in scena a Brodway. Poi ci sono ancora tante foto, tanti ricordi, ma mi pare di essere troppo invadente e allora gli riconsegno le orecchiette e gli faccio un'ultimissima domanda: "Tornerebbe in una puntata speciale di Star Treck?"

"No, non tornerei, ormai sono un fotografo", grazie e arrivederci Mr. Spock.
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