Interviste
 
Warner ha deciso di non cambiare data al film, nonostante il disastro in Nepal
HOLLYWOOD – Quando si dice tempismo. San Andreas, per la regia di Brad Peyton (Viaggio nell’isola misteriosa) racconta il Big One, il terremoto che squasserà la faglia di Sant'Andrea, trasformando la California in un'isola. Certo non è il momento giusto per intrattenere il pubblico con un film catastrofico su un terremoto dopo quanto successo in Nepal e, proprio a causa di quella catastrofe che si teme abbia ucciso circa 10mila persone, la produzione ha in primis pensato di far slittare la data di uscita del film, per poi decidere comunque di mantenere la data, aggiungendo informazioni utili su come intervenire attivamente nella ricostruzione.

“Continueremo a valutare attentamente la nostra campagna promozionale mondiale per assicurarci di essere accorti nei confronti di chi è stato colpito da questa tragedia", ha detto il portavoce della produzione a Variety.

La trama di San Andreas è semplice: un terremoto di magnitude nove rade al suolo Los Angeles coi suoi grattacieli e il pilota di elicotteri Ray (Dwayne Johnson) si mette alla disperata ricerca della figlia (Alexandra Daddario). Già nel 1974, nel film Earthquake, avevamo visto gli attori Charlton Heston e Ava Gardner scappare da un terremoto analogo. E nella miniserie televisiva 10.5, del 2004, un terremoto distruggeva la costa occidentale degli Stati Uniti. “Sappiamo che prima o poi deve succedere veramente”, commenta la ex star del wrestling Dwayne Johnson, passata con successo al cinema ormai dal 2001 con La mummia. Recentemente poi è stato Ercole e ora è al cinema con il settimo film del franchise Fast & Furious.

“Ma San Andreas è il film più importante che abbia mai fatto. Abbiamo girato in Australia, nel Queensland. Abbiamo usato la tecnologia sviluppata da James Cameron in Avatar, che rende il 3D digitale molto più realistico. L’effetto è devastante, la prima volta che ho visto il film sul grande schermo è stato impressionante. Da aver paura”.



Ci dica, sa pilotare un elicottero?

Non proprio, accanto a me sul velivolo c’era il vero pilota. Ma, a parte la conduzione dell’elicottero, ho girato senza controfigure la gran parte delle scene d’azione.

Mai pensato di fare il pompiere? Il fisico cè.

No, ma li ammiro molto soprattutto dopo questo film. Per San Andreas ho parlato con tanti di loro. Ho cercato di comprendere come ragionano, come fanno a fare un mestiere che mette la loro vita in constante pericolo. Non è da tutti.

Lei ha una figlia, come il protagonista.

E una serie di relazioni sentimentali finite male, proprio come lui.

 

 



Fisicamente è stato impegnativo?

Non è stato difficile. Ho girato da poco il film Hercules, una parte per la quale mi volevano muscoloso ma longilineo. È stato molto faticoso e ora sono tornato al mio solito allenamento.

Lei è stato un famoso wrestler. L’allenamento fisico per lei fa parte del suo stile di vita ancora oggi però.

Quando avevo quattordici anni ci hanno sbattuto fuori di casa perché non riuscivamo a pagare l’affitto. A quell’età ho cominciato a menare, rubare e sono finito in prigione diverse volte. È stato in quel periodo della mia vita che ho cominciato ad allenarmi seriamente. È stata la mia salvezza, non solo uno stile di vita, e non potrei farne a meno. Tutt’oggi, anche se non rischio di rimanere senza soldi per pagare l’affitto, l’allenamento fisico è l’unica cosa che mi aiuta a stare bene.

Si è mai trovato in un terremoto?

Sì, ma non è stato forte abbastanza da averne paura. Ora però ne ho maggiore consapevolezza e ho più paura, so che il Big One prima o poi arriverà. È strano, a Los Angeles tutti lo temono e nessuno ne parla. Ora grazie alla tecnologia è possibile essere avvertiti trenta secondi prima dell’arrivo di un terremoto, ma non è abbastanza per salvarsi.

Ma lei vive in Florida, non deve temere.

È vero, noi abbiamo gli uragani. Vivo a nord di Miami, nella zona dei ranch, fuori dal centro. Miami è la città dove ho fatto l’università, ai tempi pensavo che avrei potuto avere una carriera nel mondo del football. Fin quando non mi sono fatto male alla schiena e ho perso tutto. Ma Miami resta lo stesso casa.



Dopo il football c’è stato il faticoso ma inesorabile successo nel mondo del wrestling e poi il cinema. E ora?

Ora, dopo essere stato conosciuto coi nomi più strani, da Flex Kavana, Rocky Maivia a The Rock riprendo il mio vero nome, Dwayne Johnson. Sono contento così, sono arrivato esattamente dove avrei voluto.

Quale sarà la sua prossima parte?

Ho trascorso una settimana alle Hawaii, a suonare la chitarra e cantare per il mio prossimo film della Disney, Moana. Chi l’avrebbe mai detto, dal ring al musical.

Marta Valier

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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