Interviste
 
Arriva al cinema Fast&Furius 7. L'intervista a Vin Diesel prima e dopo la morte di Paul.
“Pensavo a lui, mentre tagliavo il cordone ombelicale di mia figlia. Sapevo che era lì con me, lo sentivo, e ho capito che dovevo trovare una maniera di conservare la sua memoria nella mia memoria, di rendere il suo ricordo parte del mio mondo, così ho chiamato mia figlia Pauline”.
Vin Diesel, al secolo Mark Sinclair, 47 anni, è diventato padre della sua terza figlia il 16 marzo scorso e ha usato Facebook per spiegare la scelta del nome della figlia.  Pauline è un omaggio a Paul Walker, l’amico morto a 40 anni, il 30 novembre di due anni fa. Era a lui l’amico a cui pensava, mentre sua figlia veniva al mondo.



Della morte di Paul Walker si è parlato tanto. Era a bordo di un bolide, una Porsche Carrera GT guidata da un amico, Roger Rodas. L’auto, lanciata a tutta velocità nella notte, si schianta contro un palo di una strada dritta e poco illuminata di Los Angeles, prende fuoco e lascia sull’asfalto due corpi carbonizzati.

Una morte che sembra una beffa del destino. Paul Walker amava la velocità, e amava l’adrenalina, praticava gli sport estremi e, sebbene le indagini non abbiano portato a nessuna conclusione precisa, una delle ipotesi sulle cause della tragedia, riguardava una corsa clandestina. Fast and furious, appunto, come la saga che nel 2001 vide iniziare l’amicizia fra Pablo e Vinnie.


Arriva oggi nelle sale italiane settimo episodio del franchise, l’ultimo con Paul.
“Un film faticoso – ci racconta Diesel - difficile portare a termine un progetto tanto segnato da quella tragedia”.
Quando successe, le riprese non erano affatto a buon punto e così si decise di sospendere tutto. “Non sapevamo neppure se saremmo stati in grado di andare avanti, non sapevamo neppure se volevamo farlo”.
Poi, come succede quando si elabora un lutto, s’inizia a pensare a cosa è meglio fare e a cosa avrebbe voluto chi ci ha lasciato (e non crediamo di peccare di cinismo ad ipotizzare anche un pensiero all’incasso sfumato).  Piano piano si arriva alla conclusione che la vita va avanti. The show must go on. E così, con un adattamento del copione, con l’aiuto della tecnologia CGI e dei due fratelli minori di Paul Walker, Caleb e Cody,  somiglianti quanto basta per impersonare il fratello scomparso, Fast & Furious 7 è arrivato al cinema e sarà il primo film di una nuova trilogia.

 

L’incontro con Vin Diesel per parlare del film avviene in due occasioni molto diverse fra loro. La prima è datata 10 ottobre 2013, un mese e mezzo prima dell’incidente. È una visita sul set, ad Atlanta dove in un capannone è stato allestito lo scenario di un cementificio di Abu Dhabi.  C’è anche Paul ed alcuni degli altri componenti della squadra di Fast & Furious: Michelle Rodriguez, Jason Statham, Djimon Hounsou e Kurt Russell al suo primo Fast & Furious. Il clima è allegro e chiassoso. Si capisce che si stanno divertendo. È in corso una sparatoria, Kurt Russell cade, abbattuto da numerosi colpi di pistola, si rialza e ricade, almeno una ventina di volte.
“Abbiamo voluto introdurre un personaggio più anziano – spiega Vin Diesel a proposito di Russell – Dominic Torretto, il mio personaggio, è un po’ il padre della banda ma lui stesso non ha una figura paterna a cui fare riferimento. Russell assumerà questo ruolo… sempre che riesca a sopravvivere ai colpi di pistola che gli abbiamo assestato oggi”.
Paul Walker, in piedi accanto a Vin, ride alla battuta dell’amico.



La seconda occasione d’incontro con Vin Diesel è ben più recente e molto meno spensierata.

Il film, sospeso dopo la tragedia e poi ripartito con una differente trama, è finalmente concluso e ora non si riesce a parlar d’altro che dell’amico che non c’è più e che, tuttavia, è molto presente.



Ci racconti il primo giorno di riprese dopo la tragedia?
È stata la giornata più faticosa della mia vita. Ho dovuto farmi violenza fisica per riuscire a essere sul set, anche solo per riuscire ad arrivare a lavoro. Davvero una giornata durissima e piena di contraddizioni.

Quali? Ce le racconti?
Dovevo girare una scena con Jason Statham. Avrei dovuto essere molto arrabbiato eppure non riuscivo ad essere arrabbiato. La tristezza e la rabbia non sono sentimenti che vanno bene insieme, così cercavo di essere arrabbiato e mentre giravamo lo ero, riuscivo ad esserlo. Era il prima e il dopo che non aveva senso per me. Appena mi sedevo in auto, in attesa del ciak e appena il regista diceva cut, mi succedeva una cosa strana. Le mie guance si bagnavano, il mio naso colava. Cercavo di tenere dentro di me la rabbia ma il mio fisico esprimeva tristezza. Non riuscivo a trattenere quelle dannate lacrime, eppure un attore dovrebbe essere padrone delle proprie emozioni. Ero imbarazzato, ho usato almeno tre pacchetti di fazzolettini, quel dannato giorno. Ecco come è stato, quel primo giorno di riprese.

Ora però sarai felice di non esserti arreso.
Felice e orgoglioso perché alla fine abbiamo messo insieme il miglior film che si potesse fare ed è strano e doloroso che un film così perfetto sia il risultato di una tragedia.



Ci spieghi come avete fatto?
Prima dell’incidente la trama stava andando in una direzione poi, una volta deciso che saremmo andati avanti, è diventato chiaro e molto importante per tutti noi che il primo scopo, il più importante, era onorare la memoria di Paul e il suo personaggio Brian.  Una volta stabilito questo obbiettivo, è stato più facile riprendere in mano il progetto e essere determinati nelle nostre scelte.

Concretamente, come avete fatto ad adattare la trama a quello che è successo?
Dovevamo trovare un modo di fare uscire di scena il personaggio di Paul nella migliore maniera possibile e abbiamo subito scartato l’ipotesi più ovvia. Non avremmo sopportato di vederlo morire anche sul set, così abbiamo cercato vie alternative, che sono arrivate frugando nel passato della saga e riportando alla luce episodi particolari, che ci hanno consentito di rimodellare la storia.
Così facendo abbiamo realizzato quello che secondo me è davvero un bel film.

Credi che anche Paul la penserebbe così?
Sai una cosa? Questa è la domanda che mi faccio ogni giorno. Spero davvero, dal più profondo del cuore, che il giorno della prima Pablo mi mandi un segno, spero di sentire una mano sulla spalla e una voce, che mi dica: "bravo Vinnie, questo è il film migliore di tutti”.

Ci racconti il tuo Paul?
Era un ragazzo meraviglioso ed era un grandissimo professionista. Magari non fisicamente, ma caratterialmente eravamo molto simili lui ed io: caciaroni fuor dal set ma molto seri e concentrati sul lavoro. Insieme cercavamo sempre di trovare quel momento di magia che non è nel copione e che rende un film speciale.
La perdita di un amico segna e fa pensare, ripensare alla propria vita.
Non faccio altro da allora. È sempre nei miei pensieri. E mi capita spesso di ripensare a tutte le coincidenze, a tutte le frasi dette che hanno un suono diverso ora, un suono a volte anche sinistro. Ricordo che appena finito di girare Fast & Furious 6 Paul mi disse: "Se ci pensi, se pensi a tutte le pazzie che abbiamo fatto sul set, a certe scene d’azione,  be’, se ci pensi, non puoi non chiederti: com’è che siamo ancora vivi, noi due?".

Francesca Scorcucchi
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