Interviste
 
L'attrice ha vinto la Coppa Volpi per Anna, diretta da Giuseppe Gaudino.
(KIKA) - VENEZIA  - Abito nero, capelli più biondi del solito (per esigenze di scena nel film di Ivano Di Matteo con Margherita Buy, che sta per girare) un golfino verde lime e due occhi che, mentre ti guarda, sembrano capaci di carpire il tuo più recondito segreto.
Valeria Golino è innamorata del cinema, e il cinema ama lei. Star indiscussa con ottanta film in curriculum, un'esperienza in regia con Miele, e ora con l'avventura da produttrice con il compagno Riccardo Scamarcio in Buena Onda, ha appena vinto la Coppa Volpi per il ruolo di Anna in Per Amor Vostro, di Giuseppe Gaudino.
Quando l'abbiamo incontrata per questa intervista, però, mancavano poco più di 24 ore alla premiazione e la tensione, forse premonitrice, non mancava. (Qui i commenti a caldo sulla vittoria)



“Posso fumare?”, chiede mentre stiamo per iniziare l’intervista.

Siamo a Venezia, nella mattina in cui è stato mostrato alla stampa Per amor vostro, il nuovo film di Giuseppe Gaudino di cui è protagonista insieme a Massimiliano Gallo e Adriano Giannini. Protagonista del film, oltre ad Anna che si è dovuta “adattare per sopravvivere, facendo dell’ignavia un’arte, è la comunicazione, raccontata in tutte le sue forme: con le battute di una soap opera scritte ancora a mano sui cartelli, “le botte” di una marito violento, la lingua dei segni, le canzoni napoletane che ci svelano il passato della protagonista, le voci grottesche del senso di colpa che rimbombano nella sua testa, le immagini dei pensieri e degli incubi che la deprimono.
Al termine di questo viaggio, il pubblico in sala ha applaudito.

“Sono fiori australiani, stress stop, sono come i fiordi di Bach, ma più potenti - ci dice ridendo,  mentre ne prende due goccine - È un periodo un po’ frenetico, sono frastornata ma va tutto bene”.

Anche Anna, il suo personaggio, sorride spesso, nonostante tutto.
“Anna è un personaggio vitalissimo, quando nasce è una bambina forte, spavalda, impertinente, libera, ma poi si incatena”.

Nel film, ambientato a Napoli, è madre di tre figli, di cui uno sordo, e ha un marito di cui non riesce a liberarsi. L’arrivo di un nuovo lavoro e di un nuovo uomo nella sua vita, sono gli elementi scatenanti per la sua trasformazione.

Cosa l’ha spinta a interpretare questa donna, così tormentata?
“Come si fa a dire di no a un ruolo del genere? Sapevo che sarebbe stato un film rocambolesco: non c’erano soldi ma solo immaginazione di Beppe e Isabella Sandri sua compagna, che ha partecipato alla sceneggiatura. Sapevo anche che sarebbe stata una disavventura e lo è stata.
Però credo che la cosa che ci ha fatto resistere era l’idea che stavamo cercando di fare qualcosa di diverso, bello e libero, nel suo modo di fare cinema.
Ha un immaginario molto potente e io dovevo fare da tramite di un punto di vista peculiare. Questo è sempre più raro nel cinema, purtroppo.
Se vai al cinema tutto l’anno ti accorgi che il cinema di ricerca, quella cosa che io intendo per cinema, sta scomparendo. Per questo l’avrei fatto in tutti i casi e comunque”.


Anna vive un vero e proprio rinascimento, dal buio alla luce. È stato così anche per lei?
“Credo che il film attinga a un’iconografia ancora più antica, è ispirato a un certo tipo di religiosità che è dantesca. Per quanto riguarda me, sicuramente ho avuto, durante il film, delle mie piccole epifanie, personali, come tutte le volte che faccio ruoli significanti. Ho capito delle cose rispetto al mio lavoro, guardando Beppe al lavoro. Ho fatto 80 film ma solo 5-6 sono quelli che mi hanno lasciato il segno”.

Come si è preparata per la parte?
“Da artigiano, mi sono chiesta: come mi vesto, come sono i miei capelli, come mi trasformo al lavoro, cosa divento dopo, quando mi perdo in quella cosa erotica mistica, come comincio a parlare con questo figlio che non mi ascolta, questa è la preparazione esteriore. Quella più interiorizzata è si ottiene entrando un po’ in simbiosi col regista. Lui è Anna, per me”.



Come è stato lavorare con Gaudino?
“Ho lavorato con registi di tutte nazionalità e lui, napoletano come me, non lo capivo. Non so di che parli, cosa stai dicendo?, gli chiedevo (ride) A un certo punto ho capito che questa strategia di annebbiare invece di schiarire, è stata una cosa molto interessante. Qualche volta mi sono molto incupita. Ero senza rete, non capivo se stavo facendo bene, stavo facendo male… col senno di poi sono molto contenta di aver partecipato a questa baraonda. Sono contenta di farne parte”.

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