venerdì, 13 Ottobre 2017

“What were you wearing?” La mostra che apre gli occhi e le menti

di Federica Volpe
Gli outfit che rappresentano la voce delle vittime

Organizzata con il programma RESPECT all’Università dell’Arkansas, la mostra ‘What were you wearing?’ ideata da Jen Brockman e dalla dottoressa Mary Wyandt - Hiebert, prende ispirazione dalla poesia della dottoressa Mary Simmerling ‘What I was wearing’.
L’obbiettivo principale dell’esposizione è quello di rappresentare visivamente ed in maniera tangibile, quanto raccontato nella commovente poesia che la Brockman e la Wyandt - Hiebert hanno ascoltato per la prima volta durante una conferenza contro la violenza sessuale nel 2013.
“Ascoltando quella poesia, io e Mary, che lavoriamo da molto tempo con i sopravvissuti, abbiamo voluto onorare le loro storie. Non riguardava noi, ma loro. L’unico scopo era far sentire la loro voce e sostenerli completamente” afferma Jen. 



Da quel momento, per tutta l’estate, le due donne col benestare dell’autrice, si sono scervellate e confrontate per riprodurre visivamente quanto scritto nel poema.
Lo scopo? quello di sfatare uno dei grandi miti nascosti dietro all’orribile crimine della violenza sessuale, ovvero la credenza che un certo tipo di abbigliamento, possa ‘causare’ uno stupro, perché come spiegano le due ideatrici, “Tale convinzione danneggia sia i sopravvissuti che l’intera comunità”. 
Nel Marzo del 2014, la mostra ‘What were you wearing?' è stata ospitata par la prima volta dall’Università dell’Arkansas. Durante l’intero anno, studenti vittime di violenze, hanno affrontato un percorso con la dottoressa Wyandt Hiebert e con Jen Brockman ed hanno volontariamente contribuito a fornire descrizioni di ciò che indossavano il giorno del terribile avvenimento, consentendo così di ricreare lo stesso outfit grazie ad abiti donati dal Peace At Home Thrift Store di Fayetteville.
“Gli outfit mostrati, non sono quelli realmente indossati dai sopravvissuti, ma sono una rappresentazione visiva delle loro storie” spiega la Brockman.
Dal lancio, la mostra si è allargata ed arricchita di nuove testimonianze
“Non ci aspettavamo un tale successo. Pensavamo di tenere la mostra solo per due settimane e passare poi al successivo progetto, ma l’interesse nei confronti di questo tema ha assunto proporzioni enormi ed è giusto così, perché la comunità deve essere sensibilizzata ed informata. La violenza sessuale non è una questione individuale, è un problema che si riflette sull’intera comunità, quindi dovremmo tutti prenderla sul personale. Ora stiamo cercando di esportarla anche all’estero”.
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Video di Chiara Bruschi