venerdì, 28 Ottobre 2016

Black Mirror, la serie antologica e inquietante

di Corrado Gigliotti
Un fil rouge inquietante e incombente come una spada di Damocle

(KIKA) Black Mirror
è alla sua terza serie, una season più ricca del solito in quanto ci troviamo davanti a sei episodi fortemente voluti e altrettanto fortemente pubblicizzati da Netflix, a differenza dei tre a stagione andati in onda su Channel 4 a partire dal 2011.

Si tratta di una serie antologica, ovvero ogni episodio ha una propria storia e non sembra collegata alle altre. C’è però un filo conduttore costante, un fil rouge inquietante e incombente come una spada di Damocle, che è l’invasione della tecnologia nelle vite dell’Occidente, e i suoi terribili esiti nella società.

Facciamo un passo indietro – o, se preferite, “previously, in Black Mirror”- come si direbbe nell’incipit delle serie americane; nelle stagioni precedenti lo specchio di cui si parla è spesso lo schermo televisivo. Uno schermo nero, oscuro, che ingoia mastica e mal digerisce.

Anche se nuovi media e high tech con relativo condizionamento della vita quotidiana sono sempre stati presenti, nella prima serie è ancora la televisione a determinare le reazioni popolari; come nell’episodio d’esordio assoluto della serie, nel quale il primo ministro inglese è costretto da un ricattatore a fare sesso con un maiale(!) in diretta televisiva pur di salvare una componente della famiglia reale. (Per quanto la situazione possa sembrare assurda e improbabile, lo sviluppo dell’episodio e il crescendo di trovate narrative rendono la trama quasi plausibile, e sì, il primo ministro della fiction assomiglia molto a un certo primo ministro inglese).

Questo primo episodio decretò un enorme successo di critica e fu subito chiaro che al centro della scena c’era quel mirror non solo schermo ma specchio che riflette e amplifica le assurdità dell’animo, rifrangendo la meschinità umana filtrata da un codice macchina.

Dal 2011 ad oggi la tecnologia si è fatta ancora più invasiva e lo schermo che più fagocita la nostra attenzione non è più quello della televisione ma quello dello smartphone. Ci troviamo compiutamente di fronte alla generazione social, della popolarità su instagram, su facebook, su twitter, la quale non riconosce sé stessa e il proprio valore se non dalla quantità di like o di apprezzamenti social.

Nella nuova stagione si paventa come possibile (e lo sembra assolutamente) un futuro molto prossimo nella quale le regole delle interazioni umane sono quelle semplicistiche e spietate del social network. Le modalità di rifiuto e di accettazione della società virtuale diventano reali, il blocco dal resto del mondo, l’esclusione, il rifiuto da parte di coloro che erano i tuoi amici diventano la punizione massima e più tremenda.

Rimane sotteso il concetto di un’entità superiore e sconosciuta che governa questi meccanismi, una divinità cibernetica e fredda, depositaria di una giustizia spietata, che regola le vite nei minimi particolari pur essendo immanente e transnazionale, anzi…multinazionale! Quindi mentre lo specchio si fa più piccolo le problematiche diventano più grandi (globalizzate?), e Black Mirror le mostra tutte.

L’unico appunto da muovere alla terza stagione è che le sei puntate qua e là sembrano ripetersi nell’impianto narrativo: d’altro canto per un concept che nasce puntando tutto sulla caricatura della realtà e il senso di disorientamento, cercando palesemente di “épater le bourgeois”, anche tre sole stagioni possono bastare per mostrare qualche segno d’usura.

Ma pur avendo perso l’effetto sorpresa lo show rimane abbondantemente di altissimo livello, per regia, sceneggiatura, fotografia e qualità generale di realizzazione, senza dimenticare che l’efficacia dell’idea iniziale mentre perde originalità acquista capacità di trasmettere “inquietudine critica” nel suo avvicinarsi progressivamente al mondo reale.

Rilascio internazionale TV della terza stagione su Netflix il 21 ottobre 2016.

Ideato e prodotto da Charlie Brooker per Endemol UK



 

Hashtag #senonloguarditicancello

Voto 7,5

 

Corrado Gigliotti

Comunicatore, screen addicted, ha studiato con Carlo Freccero e Felice Rossello, se qualcosa è rimasto tra i neuroni potrebbe valere la pena leggerlo.

gigliocorrado@twitter.com