lunedì, 5 Settembre 2016

Stranger Things, per i ragazzi degli anni ’80

di Corrado Gigliotti
La serie al sapore "eighties" dove la fantasia comanda.
(Kika) - Coloro che negli anni '80 erano adolescenti ( e se lo siete stati negli anni '80 lo siete ancora adesso) ameranno questa serie alla follia.  E in effetti pare che in giro ci sia pieno di adolescenti, tali per età o “ad honorem”, perché Stranger Things si candida ad essere uno dei casi “seriali” del 2016.

Ideata dai “Duffer Brothers” e prodotta da Camp Hero Productions e 21 Laps Entertainment, la serie è alla prima stagione ed è stata pubblicata su Netflix il 15 luglio 2016. La prima stagione prevede 8 puntate, ed è già stata rinnovata a furor di ascolti per il 2017… speriamo che non rovinino il buon lavoro fatto!

Al centro della trama narrativa un gruppo di piccoli nerd, nella prima puntata alle prese con una interminabile partita ad un gioco di ruolo.  Uno di loro, Will (terribilmente somigliante al Bastian de La Storia Infinita) scompare misteriosamente, mentre da un laboratorio fugge una stramba ragazzina, dotata di poteri fantastici , che viene accolta dal gruppo di amici di Will e diventa fulcro integrante del dipanarsi della storia.



Appassionarsi alle vicenda  dei ragazzini è facile, probabilmente perché sembra di conoscerli da sempre; spesso ricordano i Goonies, molto spesso i ragazzi di Stand By Me, ma le citazioni più evidenti provengono sicuramente da E.T. e Star Wars. L’effetto nostalgia funziona, e funziona anche il gruppo di piccoli attori che creano una amalgama di caratteri interessanti e teneramente innocenti.

La madre di Will è interpretata da una scarmigliatissima e struccatissima Winona Ryder, centratissima nella parte della madre single e consunta dal lavoro, ma totalmente connessa con il proprio figlio, tanto da essere la prima a credere nella natura sovrannaturale della sua sparizione.



Ad aiutarla un altro personaggio, delineato tramite flashback che ne anticipano e svelano la triste storia : il capo della polizia Hopper interpretato da David Harbour, già visto in Law & Order, Lie to Me, The Newsroom ecc..

L’intreccio della serie è incalzante e ben costruito, fino ad arrivare a scoperte inenarrabili e a trovare il Mostro..

Ebbene sì: c’è un mostro. Ed è anch’esso anni 80, ovvero costruito con tecniche prostetiche  e non  interamente al computer.

Ebbene sì: si salta sulla poltrona. Non per la paura, quasi mai abbiamo scene realmente orripilanti, ma per la suspance e la tensione provocata da tasselli che mano mano compongono un inquietantissimo puzzle.

Completano lo scenario l’esperimento segreto del governo, la ragazza misteriosa dotata di straordinari poteri, le luci che si accendono da sole e i muri che ti abbrancano: insomma, per gli appassionati è come essere a casa!
Però quel che poteva essere un concentrato di banalità si salva come detto grazie al ritmo di una trama che si mantiene appassionante.



Menzione speciale alla colonna sonora, un mix di musica elettronica e di canzoni rock anni ’60,’70,  con i Clash di “Should I Stay Or Should I Go” fondamentali nel ritrovamento del piccolo Will.

Tirando le somme, ciò che resta memorabile in questa serie è il concetto di base : la fantasia comanda, la fantasia spesso non è poi così irreale e  soprattutto, spesso la fantasia ci salva. Tutto molto ottimisticamente “eighty”.

Hashtag  #mancasoloilcubodirubik

 voto 7,5

Corrado Gigliotti

Comunicatore, screen addicted, ha studiato con Carlo Freccero e Felice Rossello, se qualcosa è rimasto tra i neuroni potrebbe valere la pena leggerlo.

gigliocorrado@twitter.com