martedì, 2 Febbraio 2016

X-Files: la versione di David Duchovny

di Francesca Scorcucchi
L'attore spiega com'è stato tornare a recitare nella fortunata serie tv 14 anni dopo.


Per alcuni versi è più facile, per altri enormemente più difficile, come lavorare di notte a questa età”. David Duchovny spiega come è cambiata la vita sul set di The X-Files, tornato dopo 14 anni, con una nuova miniserie di sei puntate.

Era il 2002 quando chiudeva l’ufficio degli X-files dell’FBI, lasciando un vuoto importante nelle serate televisive dei tantissimi fan. Perché piaceva così tanto? Perché The X- Files era un poliziesco con una marcia in più: raccontava una realtà inquietante e soprannaturale molto diversificata: alieni, fantasmi, fenomeni paranormali. “Il successo di X-Files era legato alla diversificazione. Non c’è serie poliziesca che abbia mai trattato così tanti casi, così diversi fra loro”.

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Dal punto di vista del team di autori e del cast non è cambiato nulla: anche la nuova serie è scritta e diretta da Chris Carter e i protagonisti sono ancora una volta David Duchovny nei panni dell’agente Fox Mulder e Gillian Anderson, in quelli della collega Dana Scully.

David Duchovny che ora ha 56 anni molto ben portati e che nel frattempo è stato lo scrittore libertino e scanzonato di Californication, racconta: “Con il tempo la serie è migliorata molto. Ci sono differenze importanti fra la prima stagione e la sesta, ed ora è ancora meglio”.

Le è piaciuto tornare nei panni di Mulder?

Certo, sono molto protettivo nei suoi confronti, mi sento come se avessi la patria potestà di Mulder, come se ne fossi il genitore adottivo. E così mi capita che, se in un copione noto qualcosa che lo potrebbe danneggiare, che potrebbe non suonare giusto per lui, corro da Chris e prendo le difese di Mulder. Sono diventato istintivo. Credo di sapere cosa gli fa bene e cosa no. Credo che Gillian provi le stesse sensazioni per Scully, ed è per questo che certe scene insieme a volte possono essere particolari da girare, ma in fondo è divertente.

Come descriverebbe il Mulder di oggi?

Con qualche ruga in più. E’ un uomo solo, disoccupato. Non sta lavorando con l’FBI, non sta lavorando affatto. Non si fa la barba e non si taglia i capelli. Ma le cose presto cambieranno. Di lui mi è sempre piaciuta la sua forza di volontà, la sua voglia di andare avanti, di provare a vincere, di riuscire a provare d’essere dalla parte della ragione. E’ come Don Quixote, e mi piace per questo.

E Scully ora ci crede di più a certi fenomeni paranormali?

Non lo posso dire. Proprio non posso.



E’ consapevole del fatto che per parte del pubblico da 23 anni a questa parte The X-Files è quasi una religione?

Sì, ma cerco di non pensarci, cerco di fare in modo che la pressione non abbia effetto sul mio lavoro.

Come è cambiata la sua vita con la serie?

Non è cambiata se non dal punto di vista professionale e economico. Devo a X-Files l’inizio della mia carriera d’attore. Mi ha dato molte opportunità e molti soldi e mi ha dato la possibilità – e per un attore è davvero molto – di lavorare tutti i giorni, per otto anni. Detto questo, non ha avuto effetto sulla mia vita personale.

Ci sarà un seguito ai sei episodi? Il finale sarà aperto?

Il finale è sempre aperto, a meno che i due protagonisti non muoiano c’è sempre spazio per un ritorno, ma non lo sappiamo ancora. Molto dipenderà dal successo di questi sei episodi.

Lei nel 2002 decise di non partecipare all’ultima stagione di X-Files. Pentito?

No, perché dovrei? Sono assolutamente sereno per quella decisione presa, e ora sono contento di essere tornato.

E’ vero che ha pianto quando ha letto il copione?

Proprio pianto no, ma mi sono emozionato. E’ stata la nostalgia. Ritrovare Mulder e Scully di nuovo, su quelle pagine, mi ha giocato un brutto scherzo. E’ come quando, dopo trent’anni ti capita di rileggere le lettere che hai ricevuto dalla fidanzatina di quell’estate dei tuoi quindici anni.

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