Visti per voi
 
Nel film ci sono anche i figli Pier Giorgio ed Elena, Roberto Herlitzka e Alba Rohrwacher.
(KIKA) - Dopo un’accoglienza a Venezia in parte molto affettuosa (dalla sala stampa che lo elogiato e applaudito) e in parte glaciale (dalla giuria che non gli ha assegnato alcun premio), Sangue del mio sangue, il nuovo film di Marco Bellocchio, è ora nelle sale di tutta Italia.

Al centro della narrazione c’è il mondo di Bobbio, piccolo ma così pieno di tensioni da poter rappresentare l’Italia intera nel corso sei secoli. La storia, infatti, si svolge in due epoche storiche, il Seicento e i giorni nostri, nettamente distinte e unite dai luoghi e dalla natura dei personaggi, tutti schiavi delle proprie abitudini e della chiusura totale verso il mondo esterno e il cambiamento.


“Ci sono tutta una serie di allusioni e immagini che concatenano il passato al presente - ha raccontato il regista in conferenza stampa -  Il dominio assoluto della Chiesa nel Seicento si conclude con un dominio cristiano italiano che pur permettendo un relativo benessere, con protezione e assistenza, a Bobbio, si trasforma in una corruzione che succhiava il sangue a qualsiasi prospettiva di novità e cambiamento. Ma queste connessioni siete voi che dovete tirarle, io mi fermo qui”.

Nel film, oltre al suo paese natale, ci sono anche il figlio Pier Giorgio e la figlia Elena, oltre ad Alba Rohrwacher nei panni di una sorella inquietante e un’esilarante Filippo Timi in quelli di un pazzo, o finto tale, che fa di tutto per tenersi stretta la sua pensione di invalidità.
La pellicola parte dal castigo di Benedetta (Lidiya Liberman), suora in punizione per aver sedotto don Fabrizio Mai, suicidatosi per la vergogna. La punizione della giovane donna, accusata di aver stretto un patto col demonio, è terribile: murata viva.

“L’origine di questa storia risale ai corsi di cortometraggio che tenevo proprio a Bobbio - ha spiegato - Eravamo alla ricerca di nuovi ambienti in cui collocare la storia e mi fu indicato l’edificio delle prigioni abbandonate. Così mi venne l’idea di ambientare queste prigioni un episodio ispirato alla conclusone delle vita della monaca di Monza che fu condannata murata viva dentro un convento”.
Qualche anno più tardi, il regista ha sentito il bisogno di finire questa storia, di liberare questa vittima del pregiudizio, così l’ha arricchita fino a farla diventare un lungometraggio. Uno sforzo che però non passa inosservato allo spettatore.

Un occhio di riguardo meritano il personaggio di Roberto Herlitzka,  vampiro ritiratosi in esilio volontario, e la colonna sonora, che colpisce al cuore più delle immagini. Il regista ha deciso di alternare cori di montagna (come Tapum, della Prima guerra mondiale) o di chiesa con brani rock come Nothing Else Matter dei Metallica, anche questa cantata da un coro.

“La mia cultura in musica è di chiesa e operistica - ha spiegato nel rispondere a una domanda sul mix utilizzato - sul rock sono un asino totale. Mi faccio aiutare da chi lo ama ma poi credo di saper riconoscere il pezzo giusto per una certa scena”.

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