(KIKA) – COGNE – Sono passati venti anni da quella mattina in cui Cogne, rinomata località della Valle d'Aosta, ebbe il peggiore dei risvegli possibili. Era il 30 gennaio: Samuele Lorenzi, di soli tre anni, giaceva senza vita nel letto dei genitori, Annamaria Franzoni e Stefano Lorenzi con la testa fracassata, in un lago di sangue.
IL DELITTO COGNE
La madre ha chiamato il 118 raccontando di aver trovato il figlio in fin di vita, come constatato anche da Ada Satragni, amica di famiglia e medico, giunta quasi subito sul luogo della tragedia, che poco alla volta prende i contorni del delitto. Nei giorni successivi, i sospetti degli inquirenti si concentrano sulla madre del piccolo, che nega ogni addebito per incolpare i vicini di casa, i Guichardaz, con i quali i rapporti non erano evidentemente così buoni come sembrava.
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Quello di Cogne è stato il primo processo “mediatico”: l'opinione pubblica si divide tra colpevolisti e innocentisti. Annamaria Franzoni, una volta abbandonato il primo difensore, Carlo Federico Grosso, si affida a Carlo Taormina, che le consiglia una strategia difensiva che la porta ad apparire in quasi tutti i talk show per perorare la propria causa e sembra gestire la propria immagine di madre disperata con calcolo e studio. E proprio in televisione annuncia una nuova gravidanza, che aveva quasi “richiesto” al marito mentre il soccorso portava via dalla villa di Cogne il corpo esanime del piccolo Samuele.
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ANNAMARIA FRANZONI CONDANNATA A 16 ANNI
Dopo tre gradi di giudizio, Annamaria Franzoni viene giudicata colpevole di un omicidio che nega di aver commesso e rinviata a giudizio per calunnia per le accuse – rivelatesi infondate - rivolte ai Guichardaz. Condannata a 16 anni di reclusione per l'omicidio del figlio, dal 2019 è una donna libera in anticipo rispetto alle normative, per buona condotta.
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Al momento della scarcerazione Annamaria Franzoni ha ribadito la sua innocenza nonostante la condanna definitiva mentre il suo avvocato, Paola Savio, ha chiesto:"Vi prego di dimenticarla".